La Kasbah di Tangeri

Quando ho iniziato a organizzare il mio viaggio in Marocco, Tangeri era quasi un ripensamento. Sai com'è, tutti ti parlano di Marrakech, Fes, il deserto... Tangeri sembrava solo un punto di passaggio, la porta d'ingresso dal quale entrare velocemente per poi correre verso sud. Che errore avrei fatto! Perché Tangeri, e soprattutto la sua Kasbah, si è rivelata una delle esperienze più intense e sorprendenti di tutto il viaggio. Un luogo dove la storia si respira letteralmente ad ogni angolo, dove il vento dell'Atlantico si mescola con quello del Mediterraneo, e dove mi sono perso (nel senso migliore possibile) per ore tra vicoli bianchi e blu che sembrano usciti da un sogno.

La Kasbah di Tangeri

La Kasbah di Tangeri non è solo un quartiere storico o un monumento da spuntare sulla lista. È un mondo a sé, un labirinto sospeso sul mare dove ogni porta nasconde una storia, ogni muro ha assistito a secoli di passaggi – fenici, romani, arabi, portoghesi, spagnoli, francesi, e infine di nuovo marocchini. È il punto più alto della città vecchia, arroccato su una collina da cui si gode una vista mozzafiato sullo Stretto di Gibilterra, quel braccio di mare largo appena 14 chilometri che separa (o unisce, dipende da come la vedi) Africa ed Europa.

 

In Questo Articolo Parliamo di:

 

#1. Il Primo Impatto: Quando Varchi la Porta

#2. Perdersi è il Modo Migliore per Trovarsi

#3. Il Palazzo del Sultano: Storia che Trasuda dalle Pareti

#4. I Giardini della Kasbah: Un'Oasi di Pace

#5. Gli Incontri: Le Persone della Kasbah

#6. Il Café Detroit: Dove il Tempo si Ferma

#7. La Vista dal Punto Più Alto

#8. La Discesa: Tornare al Presente

#9. Perché la Kasbah Mi Ha Conquistato

#10. Il Mio Consiglio: Non Abbiate Fretta

 

#1. Il Primo Impatto: Quando Varchi la Porta

 

Sono entrato nella Kasbah attraverso Bab el Assa, una delle porte storiche che bucano le mura massicce di pietra. Ricordo distintamente quel momento: stavo camminando nella Tangeri moderna, con il suo traffico caotico e i suoi edifici recenti, quando improvvisamente ho attraversato quella porta e... boom. Tutto è cambiato.

Il rumore del traffico è scomparso come per magia, sostituito dal silenzio rotto solo dal canto lontano di un muezzin, dal miagolio di gatti randagi che si crogiolano al sole, e dalle voci attutite di donne che chiacchierano dietro le porte socchiuse. I colori sono cambiati: dal grigio del cemento al bianco abbagliante delle case imbiancate a calce, punteggiato dall'azzurro intenso di porte e finestre. Anche l'aria era diversa – più fresca, profumata di gelsomino e di qualcosa che ho poi scoperto essere il legno di cedro bruciato negli hammam tradizionali.

Mi sono fermato lì, proprio dopo la porta, semplicemente a respirare e a guardare. Davanti a me si apriva un dedalo di vicoli stretti che salivano e scendevano seguendo le curve naturali della collina. Nessuna insegna luminosa, nessun negozio di catena, niente che ricordasse il XXI secolo. Era come essere stato trasportato indietro di almeno un paio di secoli, e la sensazione era esaltante.

 

#2. Perdersi è il Modo Migliore per Trovarsi

 

Confesso di aver provato, per i primi dieci minuti, a seguire la mappa che avevo scaricato sul telefono. Poi ho capito che era assolutamente inutile. La Kasbah non funziona con le mappe. I vicoli si biforcano senza logica apparente, salgono gradini ripidissimi per poi ridiscendere, si aprono improvvisamente in piccole piazzette da cui partono sei strade diverse, si restringono fino a far passare a malapena una persona.

Così ho fatto la cosa più saggia: ho spento il telefono, l'ho infilato in tasca, e mi sono semplicemente lasciato guidare dalla curiosità. "Vediamo dove porta quella scalinata." "Quel vicolo da dove sbuca?" "Cosa c'è dietro quell'angolo?" E ogni volta venivo premiato con qualcosa di inaspettato.

A volte era una porta magnificamente decorata – legno antico intarsiato, chiodi di ottone enormi, battenti di ferro battuto a forma di mano di Fatima. Mi sono ritrovato a fotografare decine di porte, ognuna diversa, ognuna testimone di secoli di storia. Altre volte sbucavo improvvisamente su un terrazzo da cui si vedeva tutto lo Stretto di Gibilterra, con le montagne spagnole nitidissime all'orizzonte (in giornate limpide come quella che ho avuto la fortuna di beccare, la Spagna sembra così vicina che ti viene voglia di tuffarti e nuotare fino all'altra sponda).

Una volta mi sono ritrovato in un vicolo talmente stretto che i balconi delle case sui due lati praticamente si toccavano. I panni stesi ad asciugare creavano un tetto improvvisato di colori – djellaba bianche, teli colorati, lenzuola che ondeggiavano nella brezza marina. La luce filtrava attraverso questa copertura tessile creando pattern magici sul pavimento di pietra consumata da secoli di passi.

 

Che cos’è la Kasbah di Tangeri?

La Kasbah di Tangeri è la parte più antica e storica della città, un quartiere fortificato situato in cima alla medina. È famosa per le sue mura secolari, le stradine strette, i palazzi tradizionali e le viste panoramiche sullo Stretto di Gibilterra.

 

#3. Il Palazzo del Sultano: Storia che Trasuda dalle Pareti

 

Dopo circa un'ora di vagabondaggio felice, sono finalmente arrivato a quella che è probabilmente l'attrazione principale della Kasbah: il Dar el Makhzen, l'antico palazzo del sultano che oggi ospita il Museo della Kasbah. Questo palazzo del XVII secolo fu costruito dal sultano Moulay Ismail (sì, lo stesso megalomane che trasformò Meknes nella sua capitale imperiale) come residenza per i governatori che amministravano Tangeri in suo nome.

L'ingresso costa pochi dirham – credo 20 o 30, davvero una cifra ridicola considerando quello che ti aspetta dentro. Appena varchi il portone ti ritrovi in un primo cortile riccamente decorato secondo lo stile andaluso-marocchino classico: mosaici di zellige geometrici che coprono le pareti fino a metà altezza, stucchi finemente scolpiti sopra, fontana centrale con acqua che zampilla dolcemente, e quel silenzio quasi irreale dopo il chiasso dei vicoli esterni.

Ma è quando accedi agli ambienti interni che il palazzo mostra la sua vera bellezza. Le stanze si aprono una dopo l'altra, ognuna decorata con una ricchezza che lascia senza fiato. I soffitti sono in legno di cedro intarsiato e dipinto con colori ancora vividi dopo secoli – rossi, blu, verdi, ori che creano pattern geometrici ipnotici. Le pareti sono coperte di zellige finissimi, con quella precisione matematica che caratterizza l'arte islamica dove la decorazione diventa meditazione, geometria diventa spiritualità.

Il museo ospitato nel palazzo racconta la storia stratificata di Tangeri attraverso reperti archeologici di diverse epoche. Ci sono mosaici romani provenienti da Volubilis e da altre città della Mauretania Tingitana (così i romani chiamavano questa regione), ceramiche berbere antichissime, manoscritti arabi rilegati in pelle con calligrafie che sono opere d'arte in sé, armi storiche, gioielli tradizionali in argento lavorato a mano secondo tecniche che si tramandano da generazioni.

Ma onestamente? Per me la vera attrazione non erano i reperti (pur interessanti), ma il palazzo stesso. Camminare attraverso quelle stanze significava camminare attraverso la storia. Immaginare i sultani che si sedevano su quei divani bassi a discutere affari di stato. Le concubine dell'harem che si muovevano silenziose attraverso quei cortili. I funzionari, i militari, i commercianti che affollavano il palazzo nei suoi giorni di gloria.

 

#4. I Giardini della Kasbah: Un'Oasi di Pace

 

Dopo il palazzo, seguendo i cartelli (sì, in alcuni punti ci sono, anche se non sempre hanno senso), sono arrivato ai Jardins de la Kasbah, i giardini della Kasbah. E qui mi sono letteralmente fermato ad applaudire. Perché questi giardini, curati alla perfezione, rappresentano tutto ciò che amo dell'arte del giardinaggio islamico.

Sono giardini geometrici, divisi in sezioni simmetriche da sentieri di ghiaia bianca che si intersecano ad angoli perfetti. Al centro di ogni sezione, fontane di pietra dove l'acqua scorre con quel suono rilassante che ti fa dimenticare di essere in una città. Le aiuole sono piene di piante mediterranee e tropicali: palme che ondeggiano nella brezza marina, bouganville che esplodono in cascate di fiori fucsia e arancioni, rose antiche profumatissime, gelsomini che riempiono l'aria di un profumo dolcissimo quasi inebriante.

Mi sono seduto su una panchina all'ombra di un ficus gigantesco e ho passato almeno mezz'ora lì, semplicemente guardando e ascoltando. Guardando le farfalle che volavano tra i fiori, gli uccellini che si abbeveravano alle fontane, i gatti (tantissimi gatti in questa Kasbah!) che dormivano beatamente al sole sulle pietre calde. Ascoltando l'acqua, il vento tra le foglie, le voci lontane che salivano dalla città bassa.

In quei momenti ho capito perché la cultura islamica dà tanta importanza ai giardini. Non sono solo spazi decorativi, ma luoghi di meditazione, oasi di pace dove l'anima può riposarsi. Il Corano parla del paradiso come di un giardino attraversato da ruscelli, e questi giardini terreni sono un tentativo di replicare quella perfezione divina. Ci sono riusciti, direi.

 

Dove si trova esattamente la Kasbah di Tangeri?

La Kasbah si trova nella parte alta della medina di Tangeri, vicino al porto e al centro storico. È facilmente raggiungibile a piedi e rappresenta una delle attrazioni più iconiche della città.

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#5. Gli Incontri: Le Persone della Kasbah

 

Una delle cose più belle della Kasbah sono stati gli incontri casuali con le persone che ci vivono. Perché sì, la Kasbah non è un museo a cielo aperto, è un quartiere vivo dove migliaia di persone ancora abitano, lavorano, crescono i figli, invecchiano.

In un vicolo strettissimo ho incontrato un vecchio artigiano seduto sulla soglia del suo microscopico laboratorio. Stava intarsiando un vassoio di ottone con disegni geometrici incredibilmente complessi, usando strumenti che sembravano avere cent'anni (e probabilmente li avevano). Mi sono fermato a guardare, affascinato dalla precisione dei suoi movimenti. Lui ha alzato lo sguardo, mi ha sorriso con i suoi tre denti rimasti, e mi ha fatto cenno di entrare.

Non parlava una parola di italiano o inglese, e il mio arabo è imbarazzante, ma siamo riusciti a comunicare lo stesso. Mi ha offerto un tè alla menta (naturalmente – in Marocco rifiutare il tè è praticamente un crimine), e mentre lo sorseggiavo mi ha mostrato i suoi lavori. Vassoi, lampade, scatole, tutto decorato a mano con una pazienza infinita. Gli ho chiesto, con gesti e le poche parole di francese che condividevamo, da quanto tempo faceva questo lavoro. Ha alzato le mani in un gesto che significava "da sempre", poi ha indicato una foto sbiadita appesa al muro: lui da giovane, accanto a un uomo anziano che lavorava allo stesso tavolo. Suo padre, presumibilmente, o suo nonno. Una tradizione familiare che probabilmente va avanti da generazioni.

Ho comprato una piccola scatola intarsiata, pagando quello che mi ha chiesto senza contrattare. So che probabilmente avrei dovuto negoziare – fa parte del gioco, della cultura – ma non me la sono sentita. Quel lavoro, quella maestria, quella gentilezza... valevano ogni dirham.

Più tardi, perso in un altro vicolo, ho incontrato un gruppo di bambini che giocavano a pallone usando due pietre come porte. Quando mi hanno visto con la macchina fotografica, hanno iniziato a fare pose esagerate ridendo a crepapelle. Una bambina di forse sette anni mi ha preso per mano e mi ha portato fino alla fine del vicolo, indicandomi orgogliosamente la vista sullo Stretto. "Belle, belle!" diceva, usando una delle poche parole di francese che conosceva. Aveva ragione: era davvero belle.

 

#6. Il Café Detroit: Dove il Tempo si Ferma

 

All'interno della Kasbah c'è un posto che merita una menzione speciale: il Café Detroit, uno di quei caffè storici che hanno visto passare generazioni di tangerini e di viaggiatori. Situato proprio sul bordo della Kasbah, affacciato sul mare, questo caffè è un'istituzione.

Ci sono arrivato verso le quattro del pomeriggio, assetato e stanco dopo ore di camminate. Il caffè occupa una terrazza panoramica da cui si vede tutto lo Stretto di Gibilterra. I tavolini e le sedie sono sgangherati, il servizio è lentissimo (come deve essere in un vero caffè marocchino), e l'atmosfera è assolutamente perfetta.

Mi sono seduto, ho ordinato un tè alla menta e una brioche locale, e mi sono rilassato a guardare il panorama. Lo Stretto era punteggiato di navi mercantili dirette verso il Mediterraneo o l'Atlantico – questo è uno degli stretti più trafficati al mondo. Le montagne spagnole all'orizzonte sembravano così vicine che giuravi di poterle toccare. Il vento portava l'odore del mare e dei fiori di gelsomino dai giardini vicini.

Accanto a me, un gruppo di vecchi marocchini giocava a carte fumando sigarette e bevendo tè, discutendo animatamente in darija (il dialetto marocchino) di cui capivo forse una parola su venti. Dall'altra parte, una coppia di turisti europei consultava una guida turistica cercando di decidere dove andare dopo. E io ero lì nel mezzo, sospeso tra mondi, perfettamente felice di non essere da nessuna altra parte.

Il caffè è famoso anche perché negli anni '50 e '60, quando Tangeri era una città internazionale libera (una storia affascinante: per decenni Tangeri non apparteneva a nessuno, era amministrata da una commissione internazionale, ed era un paradiso per artisti, scrittori, spie e avventurieri di ogni tipo), questo era uno dei ritrovi preferiti della Beat Generation. William Burroughs, Jack Kerouac, Allen Ginsberg... tutti sono passati di qui. Paul Bowles, lo scrittore americano che si innamorò di Tangeri e ci visse per cinquant'anni, era un cliente abituale.

Seduto lì, sorseggiando il mio tè, ho cercato di immaginare quei personaggi leggendari seduti agli stessi tavoli, guardando lo stesso panorama, magari discutendo di letteratura e filosofia mentre il sole tramontava sullo Stretto. C'è qualcosa di magico nel sedersi dove si sono seduti i tuoi eroi letterari, nel respirare la stessa aria, nel vedere lo stesso mare. Ti fa sentire parte di una continuità storica che va oltre la tua piccola esistenza.

 

Cosa vedere nella Kasbah di Tangeri?

Nella Kasbah puoi visitare il Museo della Kasbah, le antiche porte della città, i cortili tradizionali, mercatini locali e splendidi punti panoramici. È un luogo perfetto per scoprire l’arte, la storia e la cultura marocchina.

 

#7. La Vista dal Punto Più Alto

 

Prima di lasciare la Kasbah, sono salito fino al punto più alto, seguendo scale ripide e vicoletti sempre più stretti. E quando sono arrivato in cima... mamma mia. La vista era letteralmente mozzafiato.

Da un lato vedevi tutto lo Stretto di Gibilterra, con la Spagna nitidissima all'orizzonte. Dall'altro vedevi la baia di Tangeri che si curva dolcemente verso sud, con la città nuova che si estende lungo la costa. In basso, i tetti della Kasbah e della medina formavano un mare di terrazze bianche punteggiate da antenne paraboliche (l'unica concessione alla modernità). Sullo sfondo, le colline verdi del Rif si perdevano nella foschia.

Mi sono seduto su un muretto, incurante del rischio di precipitare (okay, forse non era la scelta più sicura), e ho passato almeno venti minuti lì, semplicemente guardando. Cercando di imprimere quella vista nella memoria, sapendo che le fotografie non avrebbero mai potuto rendere giustizia alla bellezza di quel momento, alla vastità di quello spazio, alla sensazione di essere sospeso tra due continenti, due mari, due mondi.

Il sole stava iniziando a scendere verso l'orizzonte, tingendo il cielo di quelle tonalità di arancio e rosa che sembrano irreali ma che sul Mediterraneo (e qui dove il Mediterraneo incontra l'Atlantico) sono semplicemente normali. Le prime luci si accendevano nella città bassa. Il muezzin di una moschea vicina ha iniziato il richiamo alla preghiera del maghrib (il tramonto), e subito altri muezzin da altre moschee hanno risposto, creando una sinfonia di voci amplificate che si sovrapponevano e riecheggiavano tra i vicoli.

 

#8. La Discesa: Tornare al Presente

 

Scendere dalla Kasbah mentre il sole tramonta è un'esperienza particolare. I vicoli si riempiono di ombre lunghe. Le porte delle case si aprono e si chiudono mentre la gente torna a casa dopo il lavoro. L'odore del cibo in preparazione per la cena riempie l'aria – tajine che cuociono lentamente, pane che esce dai forni, menta fresca tritata per il tè.

Mi sono perso di nuovo (a questo punto era diventata un'abitudine), finendo in vicoli che probabilmente non vedo turisti da mesi. Passavo accanto a porte socchiuse da cui filtravano voci di famiglie che cenano insieme, risate di bambini, il suono di una televisione che trasmette una telenovela turca (stranamente popolarissime in Marocco).

Quando finalmente sono riemerso nella Tangeri moderna, attraversando una delle porte nelle mura, ho provato un senso di spaesamento. Le auto, i clacson, le insegne luminose, i negozi moderni... tutto mi sembrava estraneo, troppo rumoroso, troppo veloce. Ero stato nella Kasbah solo poche ore, ma sembrava di aver viaggiato indietro di secoli. Tornare al presente è stato quasi uno shock.

 

Quanto tempo serve per visitare la Kasbah di Tangeri?

In genere bastano 1–2 ore per esplorare la Kasbah, ma se vuoi visitare il museo, fare foto e goderti i punti panoramici con calma, ti conviene dedicare circa mezza giornata.

 

#9. Perché la Kasbah Mi Ha Conquistato

 

Ripensando a tutto il mio viaggio in Marocco – e ho visto posti incredibili, dal Sahara a Marrakech – la Kasbah di Tangeri occupa un posto speciale nel mio cuore. Non è la più spettacolare (quella medaglia va probabilmente al deserto), né la più famosa (Marrakech vince a mani basse). Ma ha qualcosa che gli altri posti non hanno.

Forse è l'autenticità. La Kasbah non recita una parte per i turisti. È semplicemente se stessa: un quartiere antico dove la vita continua come ha continuato per secoli. I turisti sono benvenuti, ma marginali. Non sei il centro dell'attenzione, sei solo un visitatore temporaneo in un mondo che esiste indipendentemente da te.

Oppure è la posizione unica. Essere lì, su quella punta di terra dove Africa ed Europa si guardano a distanza di un tiro di schioppo, dove Atlantico e Mediterraneo si incontrano, dove Oriente e Occidente si sono scontrati e mescolati per millenni... c'è qualcosa di potente in questa liminalità, in questo essere-tra.

O forse, semplicemente, è il fatto che la Kasbah mi ha permesso di rallentare. In un viaggio che spesso diventa una corsa da un'attrazione all'altra, la Kasbah mi ha costretto a fermarmi, a perdermi, a vagare senza meta. E in quel vagare ho trovato pace, bellezza, connessioni umane inaspettate.

 

#10. Il Mio Consiglio: Non Abbiate Fretta

 

Se state pianificando un viaggio in Marocco e pensate di passare da Tangeri, vi prego: non fate l'errore che stavo per fare io. Non trattate Tangeri come un semplice punto di transito. Fermatevi almeno un giorno. Due sarebbero meglio.

E quando visitate la Kasbah, non andate con un tour organizzato che vi fa correre da un punto di interesse all'altro con un gruppo di trenta persone. Andate da soli, o con pochi amici. Spegnete il telefono (o almeno mettete via Google Maps). Perdetevi deliberatamente. Lasciatevi sorprendere.

Entrate nei cortili quando le porte sono aperte. Fermatevi a guardare gli artigiani al lavoro. Accettate l'invito a prendere il tè. Sedetevi in un caffè senza fare niente, semplicemente guardando il mondo passare. Salite fino al punto più alto e aspettate il tramonto.

La Kasbah vi ripagherà con interessi. Non con foto per Instagram (anche se le farete, inevitabilmente), ma con qualcosa di più prezioso: momenti di vera bellezza, incontri autentici, la sensazione di aver toccato qualcosa di antico e vero in un mondo sempre più standardizzato e finto.

E chissà, forse anche voi, come me, vi ritroverete seduti su un aereo di ritorno pensando: "Quando posso tornare?"

 

La Kasbah di Tangeri è sicura da visitare?

Sì, la Kasbah è considerata sicura, soprattutto durante il giorno. È un’area molto frequentata da turisti e locali. Come in ogni medina, è consigliabile prestare attenzione alle stradine meno affollate e ai venditori insistenti.

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